giovedì 22 aprile 2010

Cambio di direzione


In casa Juventus è di nuovo tempo di una rifondazione che, parziale o meno, arriverà a toccare un po' tutti i settori della società torinese. Dopo la stagione disastrosa, iniziata con i sogni scudetto e affidata al Guardiola italiano Ciro Ferrara, il progetto juventino è pian piano affondato insieme anche, quasi sicuramente, al minimo obiettivo stagionale: la qualificazione alla prossima Champions League. Con una juve fuori dai giochi scudetto e dalla Champions già a Dicembre e una eliminazione dalla Coppa Italia un mese dopo, sono arrivati inevitabili i primi scricchiolii di una barca che già aveva imbarcato troppa acqua ed ecco, per rimanere nella metafora marinara, arrivare il traghettatore Zaccheroni che, si vociferava già all'epoca, avrebbe dovuto portare la Juve nelle mani del tecnico spagnolo Rafa Benitez, ancora oggi obiettivo numero uno del club e di John Elkann, che ha commissionato di persona Bettega di portare a tutti i costi il manager madrileno alla guida della squadra per la prossima stagione. Ma non si fermano qui i sempre più probabili stravolgimenti dello staff bianconero nella stagione a venire, difatti lo stesso Blanc non è sicuro del proprio posto per il prossimo anno, al massimo potrà ambire al ruolo di presidente con una parte molto marginale nel mercato del club e una visione più improntata sul piano finanziario che su altro. Rischia tanto anche Alessio Secco, vicino all'addio già la scorsa estate ma poi confermato dopo l'acquisto di Diego per tempo e a una cifra che all'epoca faceva sorridere, il suo posto, mansione più mansione meno, dovrebbe prenderlo Giuseppe Marotta, "liberato" dal presidente della Samp che ha definito un'offerta della Juve irrinunciabile per un dirigente come Marotta a questo punto della sua carriera, ecco quindi che Marotta andrebbe ad occuparsi della gestione degli acquisti dei colpi di mercato individuati dal nuovo tecnico-manager che risponde al nome proprio di Rafael Benitez, dopo i numerosi blitz a Liverpool di Roberto Bettega, che manterrà il suo ruolo, il tecnico spagnolo si è definitivamente convinto a guidare la Juventus per le prossime cinque stagioni, a lui il compito anche di individuare i colpi di mercato giusti per il bene della squadra bianconera che poi toccherà a Marotta appunto ingaggiare al prezzo e alle condizioni più vantaggiose per il club. Il tecnico spagnolo proporrà molto probabilmente un 4-4-2 o un 4-4-1-1 sulla falsariga di quello usato a Liverpool, con Diego o Del Piero a fare le veci di Gerrard, per cui dovrebbero essere smentite le voci che darebbero il brasiliano in partenza in caso di arrivo di Benitez, partenza che però potrebbe toccare a Felipe Melo, più per la probabile offerta allettante da parte dell'Arsenal che offrirebbe Van Persie in cambio del brasiliano più un adeguato conguaglio che per la scarsa volontà del neo-allenatore di mantenere il brasiliano nella nuova Juve. Detto che la Juventus molto probabilmente è disposta ad investire tanti milioni, se non più, di quanti ne sono stati spesi la scorsa estate, andiamo a controllare reparto per reparto i possibili arrivi e partenze del club juventino. In porta dovrebbe esserci sempre Gianluigi Buffon, che a detta del suo procuratore è pronto a rimanere per altre cinque stagioni e quindi rimarrà impassibile anche davanti alle offerte in arrivo dalla Premier League, Manchester United e Arsenal sono sulle sue tracce ma molto probabilmente anche quest'anno dovranno mettersi il cuore in pace e rinunciare al portiere italiano. Cambia il discorso per il vice-Buffon, con i sempre più frequenti problemi fisici del numero uno, Manninger e Chimenti quando chiamati in causa non offrono più le adeguate garanzie, ed ecco che si cerca un dodicesimo più affidabile e magari futuribile al punto giusto da garantirsi l'eredità di Buffon, nel mirino ci sono Handanovic dell'Udinese e Marchetti del Cagliari, difficile però che quest'ultimo si accontenti del ruolo di vice, seppur in una grande squadra, affascina l'ipotesi Romero, portiere dell'AZ e titolare dell'Albiceleste di Maradona. In difesa probabile addio a Cannavaro, fine carriera o ritorno a Napoli per lui, rimpiazzato da Caceres (probabile riscatto fissato a 8 milioni anzichè i 10 richiesti dal Barça) e cessione in vista per Grygera e Zebina, di conseguenza verrà aperta la ricerca ad un terzino destro che potrebbe essere l'eterno rincorso Rafinha, per cui lo Schalke vuole 10 milioni e la Juve potrebbe questa volta chiudere veramente per il brasiliano, a sinistra Grosso potrebbe non essere riconfermato ma scarseggiano le alternative visto che Molinaro verrà riscattato per 4 milioni dallo Stoccarda e De Ceglie è comunque adattato nel ruolo e non offre garanzie difensive adeguate, ecco quindi spuntare sempre più frequentemente il nome di Gareth Bale del Tottenham (e non Kolarov, destinato all'Inter) per il quale il club londinese è pronto ad aprire le trattative, il gallese però costa 13 milioni di euro e la Juve potrebbe essere costretta a scegliere solo uno tra lui e Rafinha, difficile arrivino entrambi ma Benitez chiederà espressamente di investire in un rafforzamento globale del reparto difensivo per cui nulla è da escludere. Il centrocampo è forse il reparto più coperto, a meno di una cessione di Melo che cambierebbe i piani della società, in caso rimanesse però il brasiliano la situazione centrali di centrocampo non cambierebbe, con Melo-Sissoko-Marchisio-Poulsen a formare il pacchetto di centrocampo della Juve del futuro, sulle fasce il discorso è però diverso e con il ritorno al 4-4-2 verrebbe riconfermato Camoranesi ma si dovrebbe investire su un laterale sinistro che Benitez ha individuato nel connazionale David Silva, vista la concorrenza spietata del Real Madrid sul sogno di Bettega Franck Ribéry, promessosi al club madrileno. Rimarrebbero come riserve De Ceglie e Giovinco, non verrà riscattato invece Candreva e ritornerà sul piede di partenza il rientrate Tiago. Le seconde punte saranno Diego e Del Piero, che negli ultimi giorni ha smentito le voci di un suo approdo nella Major League Soccer americana, per cui ci si aspetta molto anche dal brasiliano acquistato la scorsa estate che, riportato al suo ruolo originale, e avvicinato quindi alla porta avversaria, si spera nell'ambiente juventino possa tornare ai fasti dell'avventura tedesca col Werder. In attacco si sentono i nomi più fantasiosi e che fanno sognare di più i tifosi è inevitabile, ma il nome del centravanti titolare juventino dipenderà tanto dalle cifre investite nei nomi sentiti fino ad ora dato che Benitez, come detto, ritiene più importante di ogni altra cosa riassemblare centrocampo e, soprattutto, difesa e quindi ecco che potrebbero essere confermati Amauri, una specie di pallino per Benitez, e il duttile Iaquinta mentre in ogni caso è in partenza Trezeguet. Il discorso prima punta è pero piuttosto complicato e nonostante Benitez è deciso nel rilanciare Amauri, inseguito dal suo Liverpool quando giocava ancora nel Palermo, però sembra più che altro un fatto dovuto allo scarso mercato che ha la punta italo-brasiliana infatti il discorso cambierebbe completamente in caso la dirigenza juventina trovasse un acquirente, qui la Juventus infatti andrebbe ad investire subito in un grande nome per l'attacco, uno di quelli che fanno sognare veramente i tifosi, che tradotto significa uno tra Dzeko e Torres. Entrambi potrebbero arrivare senza troppi problemi, per Dzeko l'avventura al Wolfsburg sembra arrivata al capolinea dopo la deludente stagione del club tedesco che sembra convinto a cedere uno dei suoi pezzi pregiati, però non per meno di 30 milioni di euro, per lui la Juve dovrà battere la concorrenza del Manchester United e muoversi in tempi brevi, la dirigenza ha l'ok di Benitez ma volendosi muovere solo dopo aver piazzato Trezeguet e Amauri i tempi si allungherebbero troppo, per cui i Red Devils restano favoriti nell'acquisto del bosniaco. Diverso il discorso-Torres che, come detto in un precedente intervento, ha un mercato piuttosto bloccato e quindi potrebbe davvero decidere di lasciare il Liverpool in caso di un'offerta proveniente dal suo ex allenatore e connazionale, il centravanti spagnolo è tentato da un'avventura italiana e il club bianconero sarebbe all'altezza delle sue ambizioni con alla guida la garanzia Benitez, anche qui però la Juve vorrebbe concludere in tempi piuttosto brevi, per non rischiare che dopo il Mondiale sudafricano, con la nazionale spagnola annunciata protagonista, il prezzo di Torres si alzi di quei 10-15 milioni che potrebbero portare il suo acquisto fuori dalla portata delle casse juventine dato che già si partirebbe da un prezzo base piuttosto alto, 35-40 milioni di euro. In alternativa la pista Pazzini, che sarebbe caldeggiata dal nuovo amministratore delegato Marotta e che porterebbe in casa Juve una punta italiana ad un prezzo molto più basso dei suo antagonisti internazionali, difatti per il centravanti della Samp potrebbero bastare 20 milioni inserendo qualche contropartita, difficile però che si punti su di lui visto che Benitez si è detto poco convinto di un suo effettivo rendimento in maglia bianconera. In ogni caso per la Juventus ci sarà una forte inversione di rotta a partire dal fischio finale di questa stagione, che come abbiamo visto partirà dai vertici societari e arriverà fino al campo, la speranza dei tifosi però resta una sola e cioè il ritorno alla vera competitività in campo.

martedì 20 aprile 2010

Il futuro del Niño


Per lui la stagione col Liverpool è finita ma il Mondiale con la sua Spagna non dovrebbe essere a rischio e la voglia di Torres di disputarlo da protagonista dipenderà solo da lui e dalle Furie Rosse. Ma in queste sei settimane di riabilitazione El Niño dovrà anche pensare in maniera seria al suo futuro che in caso di mancata qualificazione alla prossima Champions dei Reds sarà indubbiamente lontano dai Reds e lontano forse dalla stessa Inghilterra, vediamone i motivi. Innanzitutto Torres non è nuovo a recenti dichiarazioni di possibile addio, per cui sembra sempre più certo che la sua avventura inglese sia giunta al capolinea e detto che per lui ci si immaginerebbe la fila di mezza Europa calcistica per comprarlo questo non è poi così scontato dato che il centravanti spagnolo ha un mercato "difficile", essendo cresciuto nell'Atletico è difficile pensare possa essere lui il nuovo colpo di mercato dei Galacticos, per quanto Torres sia ancora legatissimo alla sua ex squadra e quanto sia ancora idolo dei tifosi è davvero improbabile un tradimento del genere da parte sua. Ipotizzando un ritorno in Spagna l'unica altra squadra al livello di Fernando sarebbe il Barça che però dopo aver speso molto per Ibra la scorsa estate, non sembra essere alla ricerca di un nuovo uomo-gol. Un ritorno all'Atletico Madrid sarebbe di certo un'ipotesi un po' romantica e piuttosto retrò e per questo decisamente improbabile, almeno a questo punto della carriera del Niño. Ancora più improbabili le destinazioni che rispondono al nome di Germania e Francia, restano l'Inghilterra e l'Italia. I top club inglesi che potrebbero interessare Torres sono, senza troppi fronzoli, Manchester United, Chelsea e Arsenal. Impossibile la destinazione United, data l'accesa rivalità tra Reds e Red Devils il mercato tra le due squadre è pressochè fermo dall'alba dei giorni, difficile anche ipotizzare l'arrivo al Chelsea, coperto già nel ruolo da Drogba e Anelka e improbabile che all'Arsenal vogliano spendere tanto per un solo giocatore a meno di una ipotetica cessione di Fabregas al Barcellona. Resta solo l'Italia e qui la destinazione più probabile potrebbe essere proprio la Juventus, specialmente se a guidarla sarà Rafa Benitez, ma tuttavia se non raggiungerà la qualificazione alla Champions non avrà un grande appeal agli occhi dello spagnolo che potrebbe quindi decidere di restare ad Anfield, più per mancanza di vere alternative che per ragioni di cuore, difatti Torres sembra alla ricerca di nuove avventure ma, almeno per la prossima stagione, potrebbe doversi accontentare di fare innamorare i tifosi della Kop per un'altro lungo anno, di certo ne sapremo qualcosa di più dopo i Mondiali Sudafricani, in cui El Niño vorrebbe davvero imprimere il suo segno marchiato a fuoco.

sabato 17 aprile 2010

Sfida incrociata


La giornata odierna di Premier League segna un importante tappa, sia per la lotta al titolo che per la lotta al quarto posto, due le partite nel mirino: Tottenham - Chelsea e il derby di Manchester tra City e United, con i Citizens e gli Spurs in lotta per il quarto posto e Red Devils e Blues impegnati in una lotta a distanza per la vittoria finale. La lotta al quarto posto, come l'ha definita Ferguson, è davvero fantastica perchè mette in lizza due squadre che non sono mai state in Champions e a quanto pare per la prossima stagione assisteremo molto probabilmente alla prima volta di una tra City e Tottenham vista la stagione a dir poco problematica del Liverpool di un Rafa Benitez arrivato al capolinea della sua avventura con i Reds. Ecco quindi che l'importanza delle due sfide incrociate di oggi è doppia, apriranno le danze all'ora di pranzo le due compagini di Manchester che si sfideranno al City of Manchester Stadium nel quarto derby stagionale, dopo il clamoroso 4-3 dell'andata a favore degli uomini di Ferguson maturato nei minuti di recupero e dopo le due sfide in semifinale di Carling Cup che hanno visto vittorioso ai punti di nuovo lo United, nonostante il cambio di allenatore nelle fila dei Citizens che aveva visto arrivare Roberto Mancini. Mancini che quindi affronterà oggi il suo primo derby di campionato dovrà fare a meno di qualche uomo decisivo del suo team ma arriva da uno stato di forma nelle ultime partite a dir poco eccellente e la voglia di far risultato sarà doppia, così come per gli avversari, perchè vorrebbe dire avvicinarsi al proprio obiettivo e allontanare di conseguenza gli acerrimi rivali dal loro obiettivo. Ecco quindi che la solita rivalità accesissima sarà ancora più pesante per l'importanza della vittoria a questo punto della stagione e tra Ferguson e Mancini sarà davvero una lotta senza esclusione di colpi, difatti lo scozzese non rinuncerà a un Rooney che seppur in precarie condizione scenderà in campo dal primo minuto, a differenza di Giggs e Ferdinand, invece per Mancini davanti il trio Tevez-Bellamy-Johnson servirà al meglio il bomber Adebayor. Nell'altra sfida di cartello il Chelsea di Ancelotti sfiderà un Tottenham ringalluzzito dalla vittoria di mercoledì nel derby contro l'Arsenal, punti importantissimi per gli Spurs che oltre ad aver eliminato i Gunners dalla lotta per il titolo hanno ora la possibilità di tener testa fino all'ultimo al Manchester City e sperare di raggiungere il tanto agognato quarto posto finale. Discorso diverso per il Chelsea che è relativamente tranquillo con i suoi 4 punti di vantaggio sulla seconda piazza dello United e spera di incassare oggi il massimo dei punti per poter viaggiare tranquillo nelle ultime agevoli giornate, infatti al Chelsea bastano altri 9 punti in queste ultime 4 giornate per poter far suo il titolo e la sfida di oggi contro il Tottenham è la più difficile del lotto tra quelle rimaste ad Ancelotti e ai suoi, da qui l'importanza essenziale di questi tre punti che darebbero un gran segnale alle inseguitrici. E chissà se Ancelotti non abbia chiesto all'amico Mancini un favore particolare, battere lo United per la gioia di entrambi, il più è vedere se Ferguson e lo United siano d'accordo.

venerdì 16 aprile 2010

Inter a un bivio: Mou o Blanc?


Il futuro dell'Inter e il nome del suo allenatore per la prossima stagione dipenderà molto da questo finale di stagione e dalle conseguenti scelte di Josè Mourinho che sembra pronto a trasferirsi in Spagna per guidare il Real Madrid. Già ad un passo dal Barça prima di approdare all'Inter, il tecnico portoghese non nasconde di voler allenare prima o poi anche una squadra spagnola per tentare l'impresa di vincere, dopo Premier League e Serie A, anche la Liga. Le ragioni di questo possibile divorzio sono tante, a partire dalla scarsa voglia di Mourinho di rimanere in un Paese che non è di suo gradimento come l'Italia, pensieri che lo Special One non ha mai nascosto davanti alle telecamere, di conseguenza già dal Novembre scorso Massimo Moratti avrebbe contattato l'attuale tecnico del Bordeaux Laurent Blanc, proponendogli la panchina nerazzurra in caso di addio a Mourinho, una scelta che farebbe risparmiare a Moratti anche parecchi milioni di euro. Il tecnico francese ha acconsentito a non accettare altre panchine prima di Giugno, mese entro cui Mourinho dovrà far sapere assolutamente alla dirigenza interista le sue intenzioni. Blanc al momento tiene fede alla parola data al suo ex-presidente ma se Moratti vorrà ingaggiarlo dovrà vedersi soprattutto dalla concorrenza della federazione francese, orientata proprio sul popolare Blanc per il dopo-Domenech, tuttavia come dicevamo fino a Giugno lo stesso Blanc, per tenere fede alla parola data a Moratti non intavolerà altre trattative con altri club o federazioni nazionali. Lo stesso Moratti, si dice, preferirebbe il più pagato (ed economico) Blanc al milionario e troppo protagonista Mourinho e per assurdo il cambio potrebbe verificarsi proprio in caso di una vittoria in Champions. Andiamo a vedere il perchè: innanzitutto Mourinho ci terrebbe ad aggiungere una nuova impresa alla sua lista personale e quindi preferirebbe lasciare l'Italia e l'Inter da vincente ovviamente, magari proprio vincendo la Champions tanto agognata, un po' come fece al Porto e pazienza se non arrivasse anche il titolo di campioni d'Italia, però le cose cambierebbero in caso di stagione conclusa con "zero tituli" perchè non sarebbe per il portoghese lo scenario adatto per lasciare la squadra, di conseguenza potrebbe concedersi un altra stagione prima di fare volta per la Spagna, ma qui sorge un altro problema dato che le squadre che interesserebbero a Mourinho in Spagna sono, ovviamente, solamente due: Barça e Real, e dato che il Barça a quanto pare anche col nuovo presidente confermerà Guardiola l'unico posto disponibile sarebbe la panchina delle Merengues che in caso però non riuscissero ad arrivare a Mourinho si cautelerebbero cercando già da questa stagione un tecnico capace di portarli alla vittoria in Champions, ad esempio Rafa Benitez. In poche parole il Real Madrid non è assolutamente disposto ad aspettare Mourinho, quindi per il portoghese si tratta di un prendere l'occasione al volo e anche per questo motivo potrebbe decidere di accasarsi al Santiago Bernabeu qualsiasi sia l'esito di questo finale di stagione nerazzurro. Nel frattempo Blanc scalpita, e dopo essere stato ad un passo dalla Juventus a Febbraio potrebbe arrivare in ogni caso in Italia la prossima stagione alla guida dell'Inter o anche della stessa Juventus che tenterebbe il francese in caso fallisse l'assalto a Benitez, senza dimenticare che la maggior parte dei tifosi francesi lo vorrebbe a tutti i costi alla guida della Nazionale subito dopo i Mondiali, anche se è difficile che Blanc accetti un incarico da selezionatore a questo punto della carriera. In ogni caso l'Inter e di conseguenza il tecnico francese pendono dalle labbra di Mourinho che, insieme al suo entourage, è chiuso al momento in un silenzio stampa totale, quindi per sapere qualcosa sul futuro della panchina interista e sulle scelte del portoghese c'è bisogno di aspettare la fine della stagione, e se l'Inter alzerà qualche trofeo, magari il più importante, possiamo prepararci all'addio di Mourinho ai colori nerazzurri.

giovedì 15 aprile 2010

La giovane Italia


Anche oggi c'è un Milan che vince e non è quello dei grandi, quello di Leonardo, Pato e Ronaldinho ma è il Milan giovane, la Primavera di Stroppa, Zigoni e Strasser che nella finale di Coppa Italia di categoria si è imposta per 2 a 0 sul Palermo. E viste le recenti condizioni fisiche e di classifica dei big rossoneri viene da chiedersi se la squadra di Leonardo non dovrebbe trarre linfa vitale da quei giovani così promettenti e così vogliosi di mettersi in mostra. I tifosi del Diavolo si interrogano e esprimono i loro dubbi, perchè far giocare Favalli e puntare per il prossimo mercato l'acquisto di Yepese, un altro ultra-trentenne, quando invece ci sono pronti a scendere in campo giovani come Michelangelo Albertazzi, difensore centrale di belle speranze che potrebbe dare respiro nella prossima stagione a Nesta e Thiago Silva e crescere sotto la lora ala in vista di un futuro radioso molto più di come potrebbe essere utile il comunque affidabile Yepes, sì ma per quante stagioni? Non sarebbe quindi meglio promuovere i migliori elementi della Primavera e investire su di loro? Così come si è abituati a vedere da anni nei campionati esteri, con caso limite il Barça con 8 giocatori cresciuti nella propria cantera in campo, e i risultati quasi sempre si vedono. Gli stessi tifosi non si spiegano il perchè chiedere in prestito ai cugini nerazzurri il brasiliano Mancini, che quando si è visto in campo è sempre risultato goffo e fuori allenamento, mentre piuttosto si poteva dare spazio a Verdi o Zigoni, autori della vittoria in finale di Coppa Italia Primavera. Di Rodney Strasser gli addetti ai lavori parlano un gran bene e Carlo Ancelotti lo aggregò alla prima squadra già dalla scorsa stagione, facendogli giocare parecchi minuti nei tornei estivi contro Juve e Inter e facendolo debuttare in gare ufficiali nel finale di stagione. Strasser, corridore infaticabile di centrocampo, avrebbe potuto far rifiatare senza problemi per qualche gara di campionato gli spremuti Pirlo e Ambrosini e consentire al Milan di non cedere nella parte più importante della stagione, quando nello sprint scudetto i fatti andavano fatti seguire alle parole e in Champions bisognava presentarsi con la squadra a pieni ranghi e non con titolari infortunati o col fiato corto. Ecco che proprio in questi casi, e specie in una squadra come il Milan infarcita di giocatori con parecchie primavere alle spalle non adatti a giocare tutte le partite di una stagione corsa su tre fronti, che un'adeguata squadra Primavera potrebbe fare la differenza ma le scelte della società si pagano e nel caso del Milan sono state pagate caro, con l'eliminazione dalla Champions e l'esclusione dalla lotta scudetto. Perchè chi non può permettersi di questi tempi una doppia squadra titolare come l'Inter, con riserve pari ai titolari, deve per forza di cose tenere d'occhio il serbatoio-giovani e gradualmente inserirne i più meritevoli in prima squadra, così come ha saputo fare nelle ultime stagioni la Juve con Marchisio, De Ceglie, Giovinco e Ariaudo. Del resto lo stesso Milan negli anni passati era stato d'esempio in casi del genere, con la promozione in prima squadra di futuri campioni come Maldini e Baresi e altri come Galli, Evani, Ambrosini e Costacurta, invece ai giorni nostri i rossoneri vivono nel passato e sembrano aver dimenticato gli antichi insegnamenti e così a 19 anni il difensore centrale Albertazzi di cui prima resta ancora legato al calcio giovanile e molto probabilmente se otterrà una chance nel calcio dei grandi la otterrà in prestito in una piccola squadra di serie A o, addirittura, di serie B e questo è il modo in cui spesso un talento si può anche perdere. All'estero gli esempi sono tanti, a partire dal già citato Barça, il cui primo serbatoio di giocatori è la squadra giovanile, passando per la federazione tedesca che avendo a cuore il futuro della Nazionale tiene sotto controllo i giovani talenti espressi dai club aiutandone la crescita e guidandoli verso un futuro da protagonisti in campionato e in nazionale, o come per tante squadre inglesi tra cui il Manchester United in cui Ferguson opera un lavoro di rastrellamento di giovani talenti in giro per il mondo davvero notevole e ne inserisce in prima squadra mano a mano i più meritevoli, oppure l'Arsenal di Wenger che da anni è l'esempio in questi casi avendo una squadra multinazionale con una media età bassissima e giovani talenti che si mettono in luce all'Emirates Stadium fin dalla giovane età, alcuni nomi sono Fabregas, scippato alla fucina di talenti del Barça in giovane e lanciato in prima squadra da Wenger a 17 anni, Carlos Vela, Ramsey, Walcott, Cruise e Mannone, tutti nel giro della prima squadra fin dalla giovane età. Di sicuro questo è uno dei punti da cui individuare i motivi del distanziamento tra il calcio italiano e quello estero, in una nazione troppo attaccata al vecchio e al passato, basti guardare ad esempio la Nazionale di Marcello Lippi rimasta ancorata ai ricordi del Mondiale tedesco, per poter puntare come si deve sui giovani talenti che a differenza dei loro pari età stranieri non hanno la possibilità di crescere facendo esperienze in prima squadra e spesso si perdono facendo perdere una possibile stella anche al futuro del calcio italiano, sono cose che devono far riflettere chi ha cuore la competitività del calcio italiano e chi non vorrebbe che le vittorie delle squadre italiane o della Nazionale non diventino merce rara in futuro.

Milan, il futuro è Allegri


Dopo l'addio a Carlo Ancelotti per la panchina rossonera non c'è pace e tranquillità, con Leonardo la dirigenza milanista aveva dato seguito alla moda del momento nata dopo il Triplete dell'esordiente Guardiola alla guida del Barça, detto che forse qualcuno dimenticava che Guardiola proprio esordiente non era, dato che aveva allenato già il Barça B, e che comunque si era trovato sulla panchina di una delle squadre più forti del mondo ecco che puntualmente le scelte nate dalla voglia di ripercorrere le gesta del tecnico catalano sono fallite miseramente ai primi freddi invernali e così si è registrato l'addio della Juventus a Ferrara e le prime critiche a Leonardo nell'ambiente milanista, provenienti niente meno che dal presidentissimo Berlusconi, dopo che nei primi mesi di campionato si parlava già di un nuovo predestinato pronto a vincere lo scudetto al primo colpo. La squadra di Leonardo è riuscita dopo qualche partita a trovare un suo equilibrio e la semi-rinascita di Ronaldinho, attuata alla grande proprio da Leonardo, e la valorizzazione di Borriello hanno fatto ciò che serviva per portare il Milan a lottare per lo scudetto, il problema della squadra è stata la troppa pressione e forse anche il montarsi un po' la testa e fallire quindi nei momenti clou della stagione, come è successo contro un Manchester United totalmente di un altro pianeta rispetto ai rossoneri, nonostante lo stesso Leo era ottimista e sicuro di passare anche dopo la sconfitta a San Siro, oppure nelle tante occasioni che il Milan ha avuto per agganciare, avvicinarsi o superare l'Inter che distratta dalla Champions ha perso terreno in campionato a favore delle inseguitrici, o meglio della sola Roma che a differenza del Milan è riuscita a mettere a segno dei match point importanti fino a trovarsi sopra all'Inter mentre i rossoneri sono sempre fissi a quel terzo posto che sa di amaro in bocca. Ed ecco quindi che, complici i primi attriti tra Leo e Berlusconi, si parla già di un nuovo cambio sulla panchina rossonera con Leonardo che potrebbe tornare al ruolo di dirigente e scopritore di talenti (suo il merito di scovare Kakà, Pato e Thiago Silva, per cui ha un futuro illustre nel ruolo) oppure tentare di convincere la federazione brasiliana ad affidargli la Seleçao per la strada verso i mondiali casalinghi del 2014. In ogni caso Leo sembra intenzionato a continuare la carriera di allenatore e quindi di conseguenza ad un futuro lontano dal Milan e da Milano, molto probabilmente orientato ad un'avventura brasiliana in cui eventualmente lo seguirebbe anche Ronaldinho, le cui probabilità di rimanere in rossonero senza Leonardo diventerebbero nulle e quindi lo stesso numero 80 rossonero è pronto a lasciare l'Italia in caso di separazione del Milan con Leo. In ogni caso il Milan è pronto ad ogni decisione, sia che provenga dallo stesso allenatore sia che provenga dal presidente stesso e quindi Galliani si è già cautelato e col benestare di Berlusconi affiderebbe la panchina all'eterno vice Tassotti, coadiuvato da Filippo Galli. Questo almeno fino a qualche giorno fa, perchè la decisione repentina di Cellino, patron del Cagliari, di esonerare Massimiliano Allegri dopo il rifiuto del rinnovo sa tanto di voglia di aria nuova da parte del tecnico ed ecco che il Milan potrebbe farci davvero più di un pensiero, contando che lo stesso Berlusconi già l'estate scorsa all'addio di Ancelotti aveva indicato in Allegri il suo sostituto ideale, un po' come avvenne a suo tempo con la nomina di Sacchi, quindi Galliani e Braida sarebbero in questi giorni in contatto con l'ex tecnico del Cagliari per testare i suoi pensieri e capire se dietro al mancato rinnovo con i sardi ci sia già un pre-accordo con qualche club di fascia medio-alta, visto che lo stesso Allegri è stato più volte accostato anche a club come Juventus e Fiorentina in caso di addio a Prandelli. Ma a quanto pare anche per il tecnico la scelta migliore sarebbe proprio il Milan e allora Galliani chiederà già nelle prossime settimane notizie a Leonardo che dovrà far sapere al più presto che intenzioni ha per il futuro e di conseguenza, di comune accordo con tutta la dirigenza (Berlusconi incluso), andrà deciso il nome del nuovo allenatore tra la coppia made in Milanello Tassotti-Galli e il nome caro al presidente Allegri.

mercoledì 14 aprile 2010

Chiamatelo Special One

"If I wanted to have an easy job I would have stayed at Porto, beautiful blue chair, the Uefa Champions League trophy, God and after God me."

Protagonista quanto e più dei suoi calciatori, Josè Mourinho è uno che ha sempre avuto puntati su di lui i riflettori dei palcoscenici calcistici più importanti, siano essi la Premier League inglese, la Champions League, il campionato portoghese o la Serie A italiana. Le sue citazioni fanno il giro del mondo, è un personaggio unico che ha ispirato libri e tesi universitarie, che ha fatto parlare di calcio persino il New York Times in una terra in cui il calcio, o soccer, è poco più che una comparsa nell'ambito degli sport di squadra nazionali, è capace come pochi di parlare e far parlare di se, spesso proprio per appagare il suo smisurato ego e più spesso per proteggere i suoi giocatori e la sua squadra dalle critiche della stampa. E' riuscito nell'intento di rendere interessanti le dichiarazioni pre e post gara nel campionato dell'ipocrisia che è quello italiano, andando oltre le solite parole di facciata e diventando la principale risorsa di notizie per la stampa sportiva italiana e non. Non esiste una sua dichiarazione che non è seguita da un titolo a tre colonne, non esiste una sua smorfia in campo non immortalata dai fotografi e che faccia il giro dell'Europa. Ovunque abbia allenato ha lasciato ricordi magnifici e in alcuni casi (vero Abramovich?) rimpianti cronici, il suo capolavoro è la Champions League vinta con il Porto che faceva seguito ad una Coppa Uefa vinta la stagione precedente sempre alla guida dei Dragoes portoghesi. Ma andando a conoscere bene la storia dello Special One andiamo a vedere come la sfortuna del Mourinho calciatore faranno la fortuna del Mourinho allenatore, perchè alla giovane età di 23 anni decide di dedicarsi a tempo pieno alla passione di analizzare tattiche, statistiche, schemi e moduli di gioco e di intraprendere quindi la carriera di allenatore che comincerà ufficialmente un anno dopo alla guida di una squadra giovanile del Vitoria Setubal, seguono alcuni incarichi in squadre minori delle realtà portoghesi in cui Mourinho riesce ad incamerare importanti esperienze e conoscenze, talvolta frequentando corsi appositi organizzati all'estero. La grande occasione di Mourinho si presenta nelle vesti del compianto Bobby Robson cui fa da interprete nello Sporting Lisbona, lo stesso Robson decide di portarlo con sè come assistente tecnico quando lascerà lo Sporting per il Porto, qui Mourinho comincia una collaborazione con il tecnico inglese molto redditizia che lo porterà a seguirlo, col ruolo di vice-allenatore, anche al Barcellona dove allenerà anche la squadra B del club blaugrana, incarico che ha ricoperto in tempi recenti anche Guardiola. Qui al Barcellona Mourinho come vice di Robson vince numerose coppe nazionali e europee ma è ancora una volta l'esperienza vissuta sul campo più che i trofei a fare davvero la differenza per il percorso formativo del futuro Special One, infatti si forma qui ancora più che in altre occasioni la sua abilità di allenatore, molto spesso è lui anzichè il tecnico inglese a coordinare gli allenamenti e anche i giocatori cominciano ad apprezzare i metodi di lavoro del portoghese che rimarrà come vice anche quando la stagione seguente Robson lascerà l'incarico di allenatore per diventare dirigente del club catalano, sostituito dall'olandese van Gaal che conferma quindi Mourinho. Una volta che Robson si congeda dalla Catalogna per andare ad allenare il Newcastle non dimentica Mourinho e gli propone di nuovo di accompagnarlo in questa nuova avventura facendogli da vice, Mourinho è tentato dall'offerta ma la declinerà per accettare la sua prima panchina da allenatore al Benfica. Inizialmente accolto male perchè un ex dello Sporting Lisbona rivale storico del Benfica subito fa ricredere i suoi detrattori perchè i risultati della squadra sotto la guida di Mourinho sono subito brillanti, e proprio contro gli storici rivali dello Sporting arriva un secco 3 a 0. Quando Mourinho chiede garanzie per il suo lavoro futuro e un rinnovo del contratto inizialmente limitato a un anno la società non dà fiducia al tecnico che di conseguenza da le dimissioni, dopo soli tre mesi che era alla guida della squadra. Un mese dopo è l'Uniao Leira che soddisfa le richieste di Mourinho e lo ingaggia come allenatore, a fine stagione la squadra concluderà quinta in classifica (record storico del club) finendo due punti sopra all'ex squadra di Mourinho, il Benfica. Nel gennaio seguente un altro cambio per Mourinho che pur trovandosi bene nel piccolo club di Leira non può rifiutare la chiamata della top class Porto che a fine stagione sotto la sua guida terminerà terzo. Ma è la stagione seguente a segnare la svolta, per la squadra e soprattutto per il tecnico, con una serie di acquisti mirati e creando una fortissima intesa con i suoi giocatori e collaboratori Mourinho e la sua squadra si impongono sia in campionato che nella coppa nazionale, non lasciando scampo a nessuno ma il vero capolavoro è la vittoria anche in Coppa Uefa che porta la squadra ad una storica tripletta di trofei. L'anno seguente sarà la stagione magica conclusa con la vittoria in Champions League, oltre a quella in campionato e alla finale di coppa persa. E' la seconda Champions della storia nella storia del Porto ed è il trionfo di Mourinho che riesce ad eliminare negli ottavi di finale il Manchester United per poi avere ragione di Lione, Deportivo e Monaco in finale, dove si impone con un perentorio 3 a 0 che non ammette repliche. Mourinho è contesissimo da i maggiori club europei e alla fine la sua scelta ricade sulle ambizioni dei petrol-dollari di Roman Abramovich e del suo Chelsea, un accordo che sembra essere stato preso già in occasione della semifinale di Champions contro il Deportivo e anche per questo di nuovo l'addio con il Porto non è dei migliori e la rescissione del contratto arriva dopo settimane tesissime per il tecnico che riceve anche delle minacce di morte. In ogni caso una volta arrivato al Chelsea diciamo che nasce un po' anche il personaggio-Mourinho, a partire dalla prima conferenza stampa in cui si definisce uno Special One fino a quelle dove ha da ridire contro parecchi suoi colleghi, da Wenger a Benitez passando per Ferguson, per cui comunque nutre una profonda stima. In Inghilterra diventa subito una star e di lui si parla molto sui tabloid, un po' un'anticipazione di quanto continuerà ad accadere al suo arrivo all'Inter e nel campionato italiano. Con il Chelsea non riesce mai ad imporsi in Champions League, il vero cruccio di Abramovich, però porta il club a vincere un campionato inglese dopo oltre 50 anni e lascia con una serie positiva allo Stamford Bridge incredibile. Al momento della rescissione del contratto, per divergenze e cattivi rapporti con il presidente che a quanto pare sembrava ossessionato dal voler vincere la Champions e ha individuato nel tecnico il problema, scelta che lo porterà nel 2009 a scegliere Carlo Ancelotti, Mourinho scatena una sorta di guerra civile negli spogliatoi del Chelsea dove i giocatori tutto vogliono tranne perdere un maestro come solo il portoghese aveva saputo essere per loro, lascia quindi un grande rapporto con giocatori come Lampard e Drogba che tuttora continuano a indicare come loro grande mentore proprio Mourinho. Una volta rimasto senza squadra le voci sulla sua prossima panchina si fanno insistenti e un giorno sembra vicino al Tottenham, capace di tentarlo con un contratto faraonico, mentre quello dopo sembra arrivato per lui il momento di guidare la nazionale inglese, quando lo accostano alla nazionale portoghese proprio lui dirà che un giorno sarà il suo obiettivo ma soltanto verso fine carriera, adesso Mourinho scalpita per continuare a insegnare calcio e nell'estate del 2008 è arrivato il momento di tornare ad allenare, quando sembra ormai fatta per il ritorno a Barcellona, questa volta però da protagonista e da numero uno, con l'incontro tra alcuni dirigenti della società e lo stesso Mourinho che sembrava avesse portato una lista della squadra che sarebbe stato sotto la sua guida, ecco che con un colpo di scena inaspettato il presidente Laporta annuncia la "promozione" dal Barça B di Pep Guardiola e Mou resta a bocca asciutta, ma solo per poco visto che complice l'addio di Mancini, l'Inter di Moratti sta cercando il tecnico per la svolta in Europa e quel tecnico ancora una volta, come avvenne per Abramovich al Chelsea, viene individuato in Mourinho che in una calda giornata di Luglio in quel di Appiano Gentile ci fa sapere che lui "non è un pirla" e comincia così a conquistarsi le prime pagine dei giornali sportivi italiani. La storia recente parla di un Mourinho stanco però dell'Italia, dei suoi arbitri e forse chissà anche del suo campionato così poco adatto a un personaggio come Mou, e mentre corsaro nel "suo" Stamford Bridge elimina il Chelsea del nemico Ancelotti e si fa rimpiangere da tifosi, giocatori e stampa inglese già si parla di un suo addio per fine stagione alla volta di Madrid, sponda Real ovviamente, per una squadra che più ricca non si può. Il futuro dello Special One non è ancora tanto chiaro ma fatto sta che ha già conquistato più prime pagine lui che star conclamate come Ibra, Kakà ed Eto'o e se, dopo aver riportato a vittorie importanti squadre come Porto e Chelsea, riuscisse anche a riportare sul tetto d'Europa l'Inter potremmo davvero dire che quelle prime pagine e quelle che verranno se le merita tutte e che in fondo, e anche chi lo odia o non lo sopporta dovrà ammetterlo, è davvero uno Special One.

martedì 13 aprile 2010

L'occasione di mister Ranieri


Come andrà finire non lo sa nemmeno lui ma, abituato com'è a stare sempre coi piedi per terra, lo considererà un successo in ogni caso. Sì perchè Claudio Ranieri ha preso in corsa una Roma ultima in classifica con zero punti e l'ha portata fin lassù a lottare per lo scudetto con l'inarrivabile (finora) Inter, ora addirittura superata di un punto, per uno scudetto che sarebbe storico per una squadra che ad inizio stagione certo non si aspettava di arrivare a questo punto. E Ranieri sembra essere davvero nell'ambiente ideale, quella sua Roma in cui è cresciuto da calciatore e ha sempre inseguito da allenatore, riuscendo finalmente a coronare il suo sogno questa stagione. Il percorso del Ranieri calciatore, ruolo terzino, è iniziato proprio nel club giallorosso, portato a Roma da Helenio Herrera e lanciato in prima squadra da Manlio Scopigno, anche se non è mai riuscito a imporsi più di tanto nel club della capitale, infatti alla fine della sua avventura romanista saranno solamente sei le presenze in campo e poi viene ceduto al Catanzaro dove riesce finalmente ad imporsi e a diventare una colonna del club per otto anni, restando tuttora il calciatore più presente in serie A della squadra. Poi un fine carriera tra Catania e Palermo e subito l'inizio della carriera da allenatore, ingaggiato dal Vigor Lamezia prima e dal Puteolana poi, entrambe squadre delle serie minori. La prima grande occasione se la crea al Cagliari portando i sardi in due stagioni dalla serie C alla serie A, exploit che lo porta al Napoli, una sola stagione alla guida dei partenopei e poi l'esonero, nonostante il quarto posto finale. La nuova squadra di Ranieri è la Fiorentina retrocessa in serie B che Ranieri, grazie al contributo di 16 reti di Batistuta, riporta subito in A e l'anno seguente si piazza nono per poi iniziare la sua migliore stagione in viola dove vince la Coppa Italia più un quarto posto finale in campionato, inevitabili le attese sulla squadra per la stagione seguente che però si conclude al decimo posto e finisce qui l'amore tra Firenze e Ranieri. Il tecnico romano comincia in questo momento la sua redditizia carriera estera, prima accettando la chiamata del Valencia, dove rimarrà due stagioni vincendo una coppa del Re, poi andando all'Atletico Madrid dove però darà le dimissioni a stagione in corso. Inizia nel 2000 l'avventura inglese alla guida del Chelsea, dove è tuttora uno dei tecnici più amati dai tifosi, che porta al punto più alto nella sua ultima stagione, arrivando in semifinale di Champions League e secondo in Premier League. Ma tutto ciò non basta per il nuovo patron Roman Abramovich che vuole vincere tanto e subito e allora si da alle spese milionarie e ingaggia come allenatore Josè Mourinho. Ranieri si consola con il ritorno al Valencia, avventura-bis che durerà soltanto qualche mese visto che dopo un'eliminazione dalla coppa UEFA viene esonerato. Da qui per Ranieri ci sono due anni di inattività, infatti tornerà in auge solo nel febbraio 2007 quando accetterà la chiamata del Parma e torna così in Italia dopo quasi dieci anni. Anche nella città ducale per Ranieri si profila una mission impossible, infatti gli viene chiesto di salvare una squadra che sembra già più che spacciata, ma alla fine riuscirà a garantire la permanenza in A al club e guadagnandosi la stima e la riconoscenza di tutti i tifosi. Questa clamorosa salvezza gli fa ottenere la chiamata della vita, alla guida della Juventus al ritorno in serie A dopo la retrocessione a tavolino post-Calciopoli. Creando una squadra da un carattere incredibile capace di imporsi contro chiunque in una gara secca riesce a conquistare un terzo posto storico che riporta la Juventus subito in Champions League, risultati che fanno crescere le attese intorno alla squadra nella stagione seguente che porterà ottimi risultati in Champions dove la Juve sconfiggerà nel turno a gironi per ben due volte il Real Madrid, per poi uscire agli ottavi di finale contro un Chelsea di un'altra categoria. Da qui in avanti Ranieri sembra perdere il controllo della squadra e di conseguenza la fiducia dei tifosi che dopo una lunghissima serie di partite senza vittorie ne chiedono l'esonero, che arriva a due partite dal termine del campionato che comunque la Juve chiuderà da seconda classificata. Da lì in poi è storia recente, con la chiamata alla Roma. Qui Ranieri ha saputo creare un gruppo con grande carattere, capace di ribaltare le partite che si mettono male e di inanellare una serie positiva di partite lunghissima, dovendo fare a meno un po' troppo spesso di capitan Totti e dell'acquisto di gennaio Toni, Ranieri riesce nella valorizzazione di un talento come Mirko Vucinic e nel rilancio di Menéz che sembrava si fosse un po' perso, trovando in Julio Sergio il portiere che serviva alla squadra ha avuto il coraggio di togliere il posto a titolari inamovibili dell'era Spalletti come Doni e Mexes. Una serie di scelte che è riuscita a far trovare alla squadra l'alchimia giusta e che unita alla mentalità del tecnico è riuscita a mantenere la squadra coi piedi per terra nei momenti di gioia e a farla reagire nei momenti difficili, come ad esempio al suo arrivo a Roma con la squadra che arrivava da due pesanti sconfitte contro Genoa e Roma. Portando a compimento questo testacoda emozionante Ranieri ha saputo creare così un grande gruppo e lui da romano è il primo a gioirne ed ecco perchè la sua squadra sembra davvero capace di poter porre fine all'egemonia dell'Inter nel campionato italiano, ecco perchè questa volta Ranieri ha l'occasione per prendersi la sua rivincita sul suo rivale Mourinho e far finire la sua fama di eterno secondo, perchè la Roma gioca bene e vince e ha un allenatore che non fa trascinare i giocatori in facili entusiasmi, e questo nell'ambiente romano molte volte può fare davvero la differenza. Per cui anche se nemmeno lui sa come andrà a finire, per una lunga serie di motivi, possiamo davvero dire che comunque vada Ranieri, la Roma e i suoi tifosi potranno essere soddisfatti di essersi rivelati l'unica squadra veramente in grado di tenere testa all'Inter fino alla fine, e ripensando alla situazione giallorossa il giorno in cui Ranieri divenne il nuovo allenatore c'è solamente da essere contenti.

domenica 11 aprile 2010

Real: ma era proprio necessario?


Una cifra impietosa: 251 milioni di euro. Tanto ha speso nell'ultima sessione di calciomercato estivo Florentino Pérez per rinforzare il suo nuovo Real Madrid, ma siamo sicuri che a conti fatti si sia davvero rinforzato? Non poniamo dubbi sui valori degli acquisti, al momento del trasferimento record di 93 milioni di euro Cristiano Ronaldo era indubbiamente il più forte al mondo, Kakà era stato il trascinatore di un Milan stanco e vecchio per molte stagioni, Xabi Alonso era un regista che fa la differenza, Albiol forse uno dei più promettenti difensori spagnoli e Karim Benzema l'asso del calcio francese e punta di diamante di un Lione imbattibile in Francia. Il fatto è che ora il Real Madrid è in una situazione che non giustifica una spesa tale, fuori in maniera vergognosa dalla coppa del Re eliminata ai sedicesimi da una squadra di terza divisione capace di umiliare 4 a 0 i cosiddetti Galacticos, in Champions rispedita a casa di nuovo agli ottavi di finale per mano del Lione e dopo la sconfitta nel Clàsico contro il Barça ora anche la Liga sembra fuori portata. Ronaldo ha segnato tanto, in Champions e in campionato, ma non è riuscito a confermarsi ai livelli inumani delle ultime due stagioni inglesi con lo United, Kakà è il vero oggetto del mistero, tanto decisivo nel Milan quanto in ombra in questa sua prima stagione spagnola passata più in infermeria che in campo, Benzema ha dimostrato di non valere assolutamente i 35 milioni spesi per lui in estate e infatti ha in poco tempo perso il posto di titolare a favore di Higuain, quest'ultimo forse alla stagione della consacrazione. Ma quello che molti si sono chiesti è se, con la rosa già galattica che aveva il Real c'era davvero bisogno di comprare solo giocatori a cifre folli per accontentare la platea, e i dubbi permangono e anzi si rafforzano sempre più settimana dopo settimana guardando il rendimento dei ceduti dal Real per fare fronte all'arrivo dei nuovi Galacticos. Sull'altare del calciomercato in onore di Cristiano Ronaldo, Kakà e Benzema sono stati sacrificati Negredo, Huntelaar, Miguel Torres, Faubert, Saviola, Cannavaro, Heinze e due su tutti Robben e Sneijder che stanno facendo faville rispettivamente nel Bayern Monaco e nell'Inter e guarda caso entrambi, risultando entrambi decisivi peraltro, sono approdati con le loro squadre alle semifinali di Champions League mentre il Real come detto è rimasto ancorato alla maledizione degli ottavi di Champions che colpisce i madrileni da 6 anni a questa parte. D'accordo i due olandesi stanno facendo così bene perchè erano proprio quello che serviva alle loro nuove squadre, Robben è l'uomo di corsa e fantasia in attacco perfetto per gli schemi del Bayern che forma con Ribery una coppia di ali spietata sotto porta e capace di fare la fortuna di qualsiasi centravanti, in attesa di dover diventare il sostituto a tutti gli effetti del francese sempre più scontento in Germania e, pare, promesso proprio al confuso Real Madrid. Wesley Sneijder invece una volta ritrovato il suo ruolo naturale di trequartista dietro le due punte (nel Real troppo spesso veniva impiegato da centrocampista centrale) è tornato un trascinatore e un punto di riferimento per l'intera squadra, servendo assist a ripetizione, segnando gol fantastici e pesanti e cosa più importante creando quel gioco che nell'Inter negli ultimi tempi avevano perso per "colpa" di Ibrahimovic che catalizzava tutti i palloni della manovra interista. Con Sneijder l'inversione di tendenza si è vista già dalle prime partite e una volta entrato alla perfezione negli schemi di Mourinho si è rivelato l'uomo in più che serve all'Inter, difatti i nerazzuri sono andati in difficoltà proprio nel momento della stagione in cui l'olandese era fuori per infortunio. Ora nessuno può dire per certo se entrambi potevano risultare così decisivi anche rimanendo al Santiago Bernabeu, però ai piani alti della società madridista dovrebbero interrogarsi sul loro modo di fare mercato che sicuramente porterà benefici al marketing ma nuoce al rendimento della squadra in campo, che senso può avere cedere Robben per poi cercare Ribery, un giocatore dalla caratteristiche simili a quelle dell'ex Chelsea e PSV, di conseguenza si poteva dare un'altra chance anche a Sneijder, impiegato nelle sue stagioni spagnole quasi sempre fuori ruolo e che nonostante tutto aveva fatto vedere buone cose, e invece pur di cederlo si era arrivati a sbatterlo fuori rosa e a minacciarlo che non avrebbe più visto il campo da gioco se non avesse accettato il trasferimento all'Inter. In quanto alle altre cessioni, escluso il periodo in cui qualche tifoso pazzo era arrivato a rimpiangere persino Cannavaro, ma comunque in realtà la difesa del Real non è mai stata ridotta così male da doverlo realmente rimpiangere, mentre per gli altri ceduti si tratta di giocatori ormai ritenuti non più adatti al livello del club (Heinze, Salgado) o di giocatori che avevano sempre trovato poco spazio (Saviola, Miguel Torres, Huntelaar, Faubert) però resta un dubbio, se l'attacco del Real deve ringraziare oggi l'esplosione di Higuain e i gol dell'immortale Raùl per far fronte al fallimento di Benzema, non avrebbe fatto comodo tenere un Huntelaar che ha sempre avuto poche occasioni di mettersi in mostra al Bernabeu oppure un Negredo che acquistato da giovane nel secondo periodo-Capello è stato mandato in prestito per due stagioni all'Almeria e dopo 32 gol segnati si è ritrovato con mezza Europa a fargli il filo, una su tutte la Roma interessatissima al suo acquisto la scorsa estate, e quando sembrava profilarsi un ritorno in grande stile alla Casa Blanca dove avrebbe potuto giocarsi finalmente le sue chances è stato scaricato senza concedergli nemmeno una prova e di fatto rendendo inutile il suo acquisto, il promettente centravanti spagnolo classe '86, un fisico da corazziere e un senso del gol pazzesco è finito così al Siviglia che a differenza del Real Madrid, troppo impegnato ad adulare stelle dai grandi nomi, ha riposto la sua fiducia su di lui. E poi almeno non ci si lamenti se di prodotti del vivaio non ne escono più come un tempo, in quel di Madrid, perchè detto che di Raùl e Casillas non ne nascono ogni anno e forse nemmeno ogni cinque, se quei pochi che spiccano dalla media sin dai settori giovanili come Arbeloa, venduto e poi riacquistato in questa stagione, o che vengono individuati fin da giovani e aggregati al Castilla (squadra B del Real) come Negredo non riescono a trovare spazi in squadre infarcite da acquisti milionari e vengono ceduti senza problemi dalla dirigenza, allora è proprio il modo sbagliato di concepire una squadra di calcio, perchè il divario con il Barça, impietoso già nello stile di gioco diventa ancora più grande se andiamo a confrontare le formazioni delle due squadre, con un Barça che in finale di Champions 2009 contro lo United schierava sette giocatori della formazione titolare (più il tecnico Guardiola) cresciuti nella cantera blaugrana ma d'altronde in Spagna si dice: la cantera del Barcellona produce giocatori per il Barcellona, quella del Real Madrid per il resto delle squadre spagnole. Ma questo è inevitabile se una squadra anzichè puntare sui prodotti del proprio vivaio punta sullo spettacolo del calciomercato milionario, resta da vedere quando capiranno che questo spettacolo non è automatico che si rifletta sul campo da gioco, e ormai questo a Madrid dovrebbero averlo imparato.

The Italian Job


E' il gran momento dei tecnici italiani all'estero, proprio nella stagione in cui in Italia si fa un gran parlare del portoghese Mourinho, gli allenatori del Bel Paese sono sempre più apprezzati in Inghilterra, primo fra tutti Fabio Capello amatissimo ct della nazionale dei tre leoni, ma è l'ultima giornata di calcio in terra d'Albione che ha visto protagonisti tre "mister" italiani: Carletto Ancelotti, Gianfranco Zola e Roberto Di Matteo. Il primo, smaltita la cocente delusione della prematura eliminazione dalla Champions per mano proprio dell'Inter di Mourinho, ha riguadagnato la vetta della Premier League battendo il Manchester United e ha poi conquistato la finale della FA Cup battendo l'Aston Villa. Zola invece con una vittoria che vale tantissimo ritrova un po' di ossigeno per salvarsi il posto e salvare il West Ham mentre Di Matteo ha conquistato, alla sua seconda panchina da allenatore, la promozione in Premier League alla guida del West Bromwich Albion.

Di Matteo, come Zola, è stato uno degli italiani che hanno militato nel Chelsea nella fine degli anni '90 e che hanno contribuito a far crescere la popolarità del Chelsea e a far ritornare a vincere una squadra che aveva perso gli antichi fasti. Una volta terminata, a causa di un grave infortunio, la carriera da calciatore ha deciso di intraprendere quella di allenatore trovando nel 2008 un incarico alla guida dei MK Dons, terza divisione inglese. Quest'anno la sua prima stagione alla guida del WBA non poteva concludersi meglio di così, con la promozione che riporta nella massima serie la squadra delle West Midlands dopo solo una stagione di purgatorio.

Per Gianfranco Zola, indimenticato dalle parti di Stamford Bridge dove è diventato un vero e proprio idolo dei tifosi del Chelsea, la sua seconda stagione da allenatore del West Ham stava prendendo una brutta piega, con la Championship sempre più vicina e con lo spettro dell'esonero dietro l'angolo, sempre più vicino. Decisiva l'inversione di tendenza delle ultime giornate con punti conquistati ai danni delle avversarie dirette e che potrebbe garantire a The Magic Box la permanenza alla guida degli Hammers. Discorso diverso per Carlo Ancelotti, sempre protagonista fin dal primo giorno al Chelsea dove ha saputo ricreare un ambiente perfetto dopo che il giocattolo sembrava rotto una volta lasciato allo sbando da Josè Mourinho (ancora lui!). Carletto ha continuato il lavoro nel segno dei suoi predecessori, non stravolgendo niente e anzi formando una coppia d'attacco, ripudiata da Hiddink, con Anelka e Drogba capace di far tremare anche la più collaudata difesa. Non è andata come voleva Carletto, e soprattutto Abramovich che lo ha ingaggiato per vincere in Europa, negli ottavi di Champions dove l'Inter ha avuto la meglio del Chelsea sia all'andata che al ritorno sancendo così l'eliminazione dei Blues di Ancelotti dalla massima competizione europea per club. Per l'ex tecnico del Milan le possibilità per rifarsi già da questa stagione non mancheranno, sia in campionato che in FA Cup infatti il Chelsea è ancora in corsa e anzi favorito per la vittoria finale per cui ci sono buone possibilità per battezzare come vincente l'esordio nel calcio inglese di Carlo Ancelotti. E allora da buoni italiani, good luck mister Carlo.

Clàsico al Barça, titolo sempre più vicino


Sarebbe troppo facile ridurlo ad una sfida tra Ronaldo e Messi che peraltro sarebbe vinta da quest'ultimo ancora una volta, piuttosto questo match della Liga tra Real Madrid e Barcelona lo si può definire, seguendo i reali valori della partita, una sfida tra Xavi, autore di due assist e simbolo della cantera blaugrana, e Iker Casillas, sempre tra i migliori dei suoi che anche oggi fino all'ultimo ha provato a tenere viva la partita negando più volte la gioia di una doppietta a Messi. Ma partiamo dall'inizio, nei primi trenta minuti la partita di spagnolo ha ben poco e infatti la gara è nervosa, il gioco latita e le occasioni stentano a venire. La svolta si ha dopo la mezz'ora, prima con un rigore che poteva starci negato al Barça poi con il gol al 33° minuto di Leo Messi che sblocca la partita. L'argentino, servito da un pallonetto millimetrico di Xavi addomestica il pallone di petto, rientra sul destro e infila Casillas per quello che è il suo gol numero quaranta in stagione. Qui inizia la reazione del Real che prova a trovare il pareggio, sia sul finire di primo tempo che all'inizio della ripresa, gli allenatori aspettano la prima mossa dell'avversario e non effettuano sostituzioni, il Real va vicino al gol con Xabi Alonso prima e con Ronaldo poi mentre Higuain servito più volte dai compagni difetta di precisione e non risulta incisivo. Qui sta l'abilità del Barça che gestisce quando possibile il possesso palla e approfittando di un momento di stanca delle Merengues realizza il 2 a 0 al 56° con un'accellerazione di Pedro, servito dal solito Xavi, che batte Casillas con un rasoterra. Pellegrini inserisce Guti che crea più gioco per i compagni e serve Van Der Vaart che davanti a Valdès sbaglia miseramente ma la manovra del Real migliora e Guti e Ronaldo portano avanti l'assalto madridista che però rischia con Messi che per ben due volte va vicino alla doppietta ma per fortuna del Real c'è uno strepitoso Casillas a dirgli di no. Il Real continua i suoi attacchi ma non è mai incisivo, sul finire della partita è Raùl (entrato al posto di uno spento Van Der Vaart) a trovare il gol che però gli viene annullato per un tocco di mano di Benzema. Qui finiscono le speranze di vittoria dei cosiddetti Galacticos e se le speranze siano finite anche per la vittoria della Liga solo il tempo (e il Barça) potranno dircelo.

sabato 10 aprile 2010

Palermo e un sogno chiamato Champions


A sole sei giornate dal termine ormai non si può più parlare di fuoco di paglia ma di piccolo miracolo sì, perchè il Palermo a sole sei tappe da qui alla fine del giro è ancora lì, ancorato al quarto posto che significa Champions, almeno per quest'anno...
Molto per demeriti altrui, quelle Fiorentina e Juventus che con un annus orribilis stanno perdendo irrimediabilmente il treno dell'Europa che conta per la prossima stagione, ma anche per meriti propri quali un gran tasso tecnico, un'oculata gestione del mercato e una fiducia riposta in un tecnico come Delio Rossi che tanto bene aveva fatto già con la Lazio nelle stagioni scorse. Finalmente Zamparini, che comunque ad inizio stagione fino all'inevitabile esonero ha avuto un rapporto tempestoso con Zenga, sembra aver trovato un po' di fiducia in un allenatore e non gli sta sempre col fiato sul collo nonostante quest'anno più che mai il sogno Champions non è mai sembrato così vero. La differenza la fanno anche giocatori di livello superiore come l'ormai tanto conclamato Miccoli che galvanizzato dalla fascia di capitano, affidatagli dal presidente in persona, sta vivendo una delle sue migliori stagioni segnando gol bellissimi e spesso decisivi, oppure come il corteggiatissimo dalle big europee Simon Kjaer, difensore centrale danese soffiato già nel 2008 al Real Madrid, che mai come quest'anno sembra pronto al salto in una grande squadra, anche se lui ha espresso il desiderio di giocare la Champions League con la maglia rosanero del Palermo, altro pezzo grosso della squadra è l'uruguaiano Cavani, forse meno incisivo dell'Amauri palermitano ma degno erede della sua maglia e capace di mettersi in luce con gol al limite delle leggi fisiche e con una buona continuità di realizzazione che sta facendo il paio con l'ottima stagione dello scorso anno, di certo da questi parti non si rimpiange troppo l'attuale centravanti brasiliano della Juve. Un'altro protagonista, seppur a fasi alterne, dell'attacco rosanero è "La Joya" Abel Hernàndez, connazionale di Cavani, vicinissimo all'approdo al Genoa due stagioni fa e campione d'Italia con la Primavera del Palermo da protagonista lo scorso anno, quest'anno è stato prima portato in campo da Zenga che lo ha fatto esordire in questa stagione (aveva già esordito in serie A in quella scorsa) contro l'Inter nella sconfitta per 5 a 3 in cui Hernàndez ha trovato la sua prima rete in serie A confermando quanto bene si dice di lui. Con l'arrivo di Delio Rossi il ragazzo è stato messo un po' in disparte ma la storia è cambiata dopo il mercato di riparazione, infatti quando sembrava vicino il suo ritorno in Uruguay invece il Palermo decide di cedere Succi al Bologna e di tenere il giovane sudamericano che quando mandato in campo, spesso sotto richiesta di Zamparini di cui è un vero e proprio pupillo, spesso va in rete. Le altre arme segrete del Palermo made in Delio Rossi possono essere individuate in Liverani, regista da dieci e lode che ripresosi dall'infortunio è tornato titolarissimo e imprescindibile per la squadra, oppure in una difesa che oltre a Kjaer registra buoni giocatori come Goian, voluto da Zenga che lo aveva già allenato, Bovo, Cassani che spesso ha fatto grandi partite tanto da meritarsi una chiamata in nazionale da parte di Lippi. Un altro gioiellino scoperto e lanciato da Zenga e confermato da Rossi è il portierino Sirigu, che ha soffiato in poco tempo il posto all'acquisto estivo Rubinho facendo subito girare le voci di una chiamata in Nazionale e quelli un po' più velleitarie al momento di erede di Buffon, di certo c'è che Sirigu sta facendo una grande stagione e vanno anche a lui i meriti di questa favola rosanero. Ultimo ma non per importanza l'altro campioncino Pastore, soffiato in estate all'onnipresente Inter e presentato, con troppa enfasi, come il nuovo Kakà ma comunque ottimo lottare e ragazzo dalle notevoli qualità tecniche che è riuscito a imporsi con un'andatura lenta ma sempre più progressiva in un campionato difficile per i giocatori più tecnici come lui. Queste cose, unite come si accennava in precedenza ai momenti di difficoltà di Fiorentina e Juventus, inizialmente date per certe alla qualificazione in Champions ma che per motivi vari si sono fatte male da sole nella corsa al minimo obiettivo stagionale per i bianconeri e al massimo obiettivo stagionale per i viola, forse non abituati al doppio impegno sul fronte interno e sul fronte europeo, fatto sta che "eliminate" le due big che col passare delle giornate perdevano sempre più punti anzichè farne come era lecito aspettarsi, ecco che il Palermo, forte anche dei due scontri diretti vinti contro la Juve e di un calendario più agevole delle altre in corsa (Samp, Napoli e nonostante tutto anche e ancora la Juve) per il quarto posto, sembra davvero favorito per giocare nella grande Europa la prossima stagione. Anche se il patron Zamparini, specie dopo la sconfitta patita nel turno pre-pasquale nel derby contro il Catania, ha tenuto a precisare quanto la propria squadra non abbia ancora il carattere per riuscire a resistere al quarto posto fino alla fine della stagione, spendendo comunque parole di elogio per l'allenatore. Di certo questa corsa al quarto posto, con tutto il rispetto, dimostra la pochezza del calcio italiano degli ultimi tempi, infatti per quanto il Palermo stia facendo bene ha comunque perso parecchi punti e non ha una continuità che gli permette di stare tranquillo e proprio per l'inadeguatezza delle contendenti quali la stessa Juve, la Samp e il Napoli, incapaci di avvicinarsi ai rosanero nelle giornate in cui perdevano punti, è riuscito a tenersi ancora attaccato all'ultimo posto Champions disponibile. Ma di questi tempi con un calcio italiano ridotto male non si può fare altro che esaltarsi per una lotta Champions che va avanti più per demeriti altrui che per meriti propri. Sperando che in caso di qualificazione di una outsider non si verifichi il solito evento, che di fatto ha penalizzato l'Italia nel ranking europeo, di dover vedere una squadra lottare tanto per arrivare in Europa e poi snobbare la competizione stessa e sperando che non abbia ripercussioni negative sulla squadra non abituata a tali livelli, esempio ne sia il Chievo ai preliminari di Champions nella stagione post-estate di Calciopoli, stagione che finì con la retrocessione in B dei veneti.

La rivincita del Bayern "olandese"


Parlare di sorpresa in merito ad un club pluricampione in Germania e in Europa e ad un tecnico capace di raggiungere le semifinali della Champions League con tre club di tre nazioni diverse è un po' un controsenso. Però è, a questo punto, anche inevitabile dato che ad inizio stagione erano in pochi a pronosticare che questo Bayern Monaco guidato da quel Louis van Gaal tanto in voga negli anni '90 alla guida dell'Ajax campione d'Europa nel '95 prima e del Barcelona poi, sarebbe arrivato alle semifinali di una Champions League che, considerando anche un'Inter in semifinale dopo 7 anni, può essere considerata delle grandi (inteso come grandi squadre) sorprese o dei grandi ritorni. Ma rimanendo con gli occhi puntati sulla compagine tedesca possiamo, andando a vedere le piccole storie che popolano il club dall'interno, definirlo davvero il Bayern delle rivincite. Innanzitutto proprio la rivincita del tecnico van Gaal, olandese di Amsterdam, diventato famoso proprio alla guida della prima squadra della sua città, l'Ajax. Promosso ad allenatore dopo tre stagioni da vice di Beenhakker riesce a scrivere le pagine migliori della storia del club conquistando numerosi trofei nazionali e portandolo in finale di Champions per due volte consecutive, ma vincendone una soltanto. Sotto la sua guida sono ascesi al gotha del calcio olandese e mondiale numerosi talenti cresciuti proprio nelle giovanili dell'Ajax, ricordiamo tra i tanti Overmars, Seedorf, Van Der Sar e i gemelli De Boer. Una volta lasciato l'Ajax approda ai catalani del Barcelona dove rimarrà tre stagioni pagando un difficile rapporto con l'ambiente e con la dirigenza ma vincendo comunque la Liga due volte. Da qui inizia un po' il declino del nostro, fallendo miseramente le qualificazioni ai Mondiali 2002 con l'Olanda e un dimenticabile ritorno al Barça e all'Ajax, qui come direttore sportivo. Nel 2005 l'approdo al modesto AZ Alkmaar in quello che sembra un po' il canto del cigno di Louis van Gaal ma che si rivelerà invece la rinascita calcistica di un tecnico attentissimo al rapporto umano coi propri giocatori che lo porterà alla sorprendente vittoria dell'Eredivisie alla guida proprio dell'AZ nella stagione 2008-09. Exploit che gli vale l'interessamento di un Bayern Monaco ancora scioccato dal fallimento di Klinsmann. Scelta che non ha fatto pentire i dirigenti tedeschi, visto che il Bayern comanda la BundesLiga e ha raggiunto appunto la semifinale di Champions eliminando ai gironi una Juventus allo sbando, negli ottavi non senza polemiche e forse grazie a qualche aiuto arbitrale (l'arbitro Ovrebo e il suo assistente convalidarono un gol al Bayern nella gara d'andata con Klose in netto fuorigioco) una Fiorentina troppo velleitaria e nei quarti di finale nientemeno che il Manchester United di Sir Alex Ferguson autore di una ancor più clamorosa rimonta ai danni dei tedeschi nella finale di Champions '99. Una costante dei successi del Bayern versione van Gaal è proprio un suo connazionale, quell'Arjen Robben tornato a segnare reti decisive come non mai in questa sua prima stagione tedesca. Acquisto bomba del mercato del Bayern Monaco, pagato 25 milioni di euro al Real di Florentino Perez, troppo impegnato a collezionare nuove figurine per trattenere quelle vecchie, si è dimostrato decisivo sin dalla sua gara d'esordio, in campionato contro i campioni uscenti del Wolfsburg infatti termina la gara segnando una doppietta. Sempre troppo vittima di infortuni, caratteristica che ne ha sicuramente penalizzato la carriera ma che comunque grazie alle sue grandi doti non gli ha impedito di vestire la maglia del Chelsea dell'epoca Mourinho e quella del Real Madrid, riesce comunque a segnare (fino ad'ora) dieci reti in diciassette presenze in campionato e a partire dalla semifinale di coppa di Germania diventerà l'uomo dei gol decisivi, proprio un suo gol permette al Bayern di raggiungere la finale della coppa nazionale ma ancor più importanti e pesanti sono i gol, entrambi peraltro bellissimi, segnati in Champions League prima alla Fiorentina e poi al Manchester United, entrambi due gran tiri da fuori area, entrambi nel finale di partita e, purtroppo per i viola e per i Red Devils, entrambi decisivi nel far passare il turno al suo Bayern. Se questo Bayern saprà continuare su questi grandi livelli al momento non è dato saperlo, per arrivare alla finale di Madrid resta da superare soltanto lo scoglio Lione, ma di certo i due olandesi del Bayern si daranno da fare per dare continuità a questo magnifico sogno, sia in Champions che in campionato, e non faranno caso a chi in quel di Firenze si sta ancora mangiando le mani pensando a come sarebbe andata se...

Apertura di "The Football Maker"

"In tutto il mondo, ci dicono, in ogni momento ci sono un tot di persone che nascono, muoiono, concepiscono un figlio, oppure si trovano una pistola puntata addosso. A me piace pensare che in ogni istante da qualche parte nel mondo un giocatore dilettante qualsiasi stia segnando un gol straordinario. E' successo a chiunque abbia giocato a calcio. In qualche occasione, fosse anche una volta sola, abbiamo spedito la palla in gol da 25 metri, lasciando di sale il portiere, oppure abbiamo incornato il pallone (ad occhi chiusi, ovviamente) spendendolo nel sette come una fucilata. Non tutti gli sport offrono questa emozione. Quante volte può capitare, andando alla piscina comunale, che qualcuno batta il record del mondo? Eppure, per la legge delle probabilità, ogni domenica un pancione bolso che passa le giornate al pub segna un gol splendido quanto quelli dell'inarrivabile Pelè e del possente Bobby Charlton. Può accadere ovunque e se si sa aspettare abbastanza succederà praticamente dappertutto. E' questo il bello del calcio: qualche momento sublime, molti episodi ridicoli, e tutto ciò che sta nel mezzo tra i due opposti"